Vinsamlegast notið þetta auðkenni þegar þið vitnið til verksins eða tengið í það: https://hdl.handle.net/1946/6247
Intorno agli anni ’70 dell’Ottocento, in un’ambiente pessimistico e disastroso socio-economicamente, nasce in Italia, una corrente letteraria nominata Verismo. Trae ispirazione soprattutto dal Naturalismo francese, che, in un modo politico e scientifico, studia e analizza la società e l’ambiente degli umani, anche quello negativo e di degrado. Il Verismo, invece, si sviluppa in una direzione diversa. Si distacca dal contesto politico, e diventa più un’osservazione che dipinge la realtà, che un’analisi. Gli autori veristi sono pessimistici e privi di speranza per quanto riguarda cambiamenti sociali e economici in Italia, e da tali premesse, senza abbellimenti o comunicazione d’insegnamento, si aspirano a descrivere la vita come veramente è. Attraverso uno stile impersonale, che consiste principalmente del principio dell’impersonalità dell’autore, dipinge soprattutto la realtà dei poveri popolari, la loro vita umile, e la loro situazione misera di sconfitta nella lotta per la sopravvivenza.
Il rappresentatore e creatore principale della teoria verista è Giovanni Verga, un intellettuale siciliano. Scrive entrambi romanzi e novelle, che possono essere divisi in due grandi blocchi, rappresentativi di due mondi, uno siciliano e uno milanese. Si cercherà, qui, di analizzare quattro delle sue novelle, due per ciascuna delle ambientazioni. Si cercherà di individuare i temi principali veristi, di decifrare la dura condizione di vita dei personaggi protagonisti, e di osservare il potere condizionante che su di essi ha la società, con le sue tradizioni e i suoi valori.
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